Tirano, 25.05.2012 – Presso l’Auditorium Torelli di Villa di Tirano si svolgeva  il convegno/evento sopramenzionato organizzato dall’Associazione AmAMont in collaborazione con l’Associazione “Il club del Papillon” Valtellina e Valchiavenna con il supporto del Comune Villa di Tirano e della Cantina dei Giop.

Introdotto il convegno con il saluto delle Autorità e del moderatore Gianluigi Rumo della Cantina dei Giop seguivano le relazioni:

  • Plinio Pianta Presidente “AmAMont” : “Economie sostenibili per un territorio di montagna”
  • Nello Bongiolatti Agronomo al centro studi superiori Fojanini:“Vite e terrazzamenti Valtellinesi non un limite ma una risorsa”
  • Giancarlo Speziale “Club del Papillon”:  “Cibo e territorio valore aggiunto da scoprire”
  • Francesca Traversi coordinatrice Valtellina Insieme: “La capacità di mettersi assieme per piccole aziende private, con grandi prodotti, può dare solo buoni frutti…”

Intervento Presidente AmAMont Avv. Plinio Pianta “Economie sostenibili per un territorio di montagna”

Con piacere ho accettato l’invito che il nostro socio AmAMont e qui moderatore Gianluigi Rumo di Villa di Tirano mi ha rivolto per introdurre questa serata/convegno su “Piccole imprese agricole ed artigiane: risorse in tempo di crisi”.

Plinio_Pianta

Presidente AmAMont Avv. Plinio Pianta

AmAMont è stata fondata a Sondrio nel gennaio 2008 da un gruppo cosiddetto Ruralpini che già da alcuni anni ritrovava di tanto in tanto verificando la problematica dell’esodo degli alpeggi e della montagna.

In occasione di un seminario (di due giorni) del sottembre 2007 sull’alpe (di chi vi parla) Li Piani (Brusio/Val Saient/Svizzera) a 2100 m s.l.m. con una cinquantina di partecipanti da tutto l’Arco alpino (particolarmente Svizzera/Italia con agganci anche in Austria, Francia e Slovenia) di persone fisiche alpeggiatori, agronomi, ricercatori, operatori e fruitori turistici, operatori dei media e appassionati di montagna, ma anche di persone giuridiche di diritto privato (associazioni/aziende) e di diritto pubblico per CM / c’era il delegato della Regione Lombardia, Robi Ronza; per il la Regione Valposchiavo il neopresid. Alessandro Della Vedova, rappresentanti dell’ERSAF, ecc.) era nata in conclusione la proposta di creare una associazione transfrontaliera per la verifica della problematica dell’abbandono della montagna e da questo appunto in gennaio 2008 la costituzione di AmAMont, cfr. a proposito il relativo prospetto e il sito www.amamont.eu.

Da lì in poi nel percorso degli anni AmAMont, oltre all’istituzione dei diversi gremi (CD/Commissione scientifica, Commissione eventi, ecc.) decideva di svolgere di regola l’assemblea annuale con un convegno (in quanto possibili alternativamente fra Italia e Svizzer

(così in aprile 2008 a Porlezza/maggio 2009 a Poschiavo (3 giorni)/aprile 2010 Breno (Valcamonica)/aprile 2011 Ticino (Curzùtt/Bellinzona)… 28.04.2012 a Vilminore in Val di Scalve.

Oltre a questi incontri abbiamo istituito degli incontri-eventi per le stagioni estive con uno principale al quale si auspica la partecipazione di tutti i soci (in quanto possibile) e poi svariati altri previsti nelle varie località dove ci sono nostri soci, per es. 2008 Brà e Carcoforo (Piemonte/Alta Val Sesia)

/2009 San Romerio e Alp Grüm (Valposchiavo) /2010 Malghe Montalon+Malga Arpaco, Passo del Brocon (Trentino) / 2011 Val Gabbia (Valcamonica) mentre quest’anno è previsto il 21 luglio in Val Maggia/Peccia in Ticino… ed eccoci qua oggi per un evento a Villa di Tirano.

La nostra Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna (AmAMont) già dall’inizio, pur sottolineando la problematica, forse più appariscente, dell’abbandono degli alpeggi sulle nostre montagne, ha voluto evidenziare il fatto, anzi il fattore essenziale, della verticalità (come ben dice sempre il nostro consigliere e vicepresidente AmAMont, ricercatore Dott. Fausto Gusmeroli della Fondazione Fojanini) della nostra civiltà agricola di montagna di tutto l’arco alpino europeo.

Questa nostra civiltà è sempre stata vissuta e pensata ormai dentro la storia millenaria dell’arco alpino (dalla definitiva caduta dell’Impero romano/invasioni barbariche e insediamenti quasi sempre creati e curati da monaci o monasteri, specie benedettini, per i quali l’unico riferimento era ‘l’ora et labora’ giornaliero quale testimonianza della presenza permanente ….. di Cristo morto e risorto “sempre presente”… e quindi dediti al dissodamento dei terreni e alla contemplazione anche se magari in piena solitudine e isolamento… ma senza paura… neanche di essere soli perché Cristo diventa un amico contemporaneo, appunto civiltà vissuta dal basso verso l’alto, cioè dal piano/relativa poca pianura delle nostre valli verso il pendio della montagna fino sui maggenghi e alpi, pascolando, su su fin sulle cime.

Come dicevo al momento della fondazione dell’Associazione AmAMont si è pensato all’abbandono dei nostri tempi, dapprima, a quello dell’alpeggio (per questo amici degli alpeggi) e quindi in secondo luogo ovviamente anche dell’abbandono della montagna, cioè dalle vallate di montagna. Ed ecco che in questo pensiero s’inserisce il dissodamento e la lavorazione dell’uva verso i pendii della montagna, i vigneti con relativi terrazzamenti: Un bene eccezionale che ci è stato tramandato e dal quale ne siamo fieri… ma dobbiamo anche esserne sempre più responsabili!

Così ben ci si deve render conto del buon vino che si riesce a produrre qui in Valtellina e proprio proveniente dai terrazzamenti… ma specialmente ci si deve render conto pari tempo delle immani fatiche necessarie a mantenere questi “orti/vigne” con i muri a secco, la necessità delle riparazioni costosissime non soltanto di materiali, trasporti, ma di fatica umana vera e propria essendo estremamente limitata la possibilità di utilizzare mezzi meccanici e specie quelli usati a livello industriale.

Ma poi non soltanto le fatiche e i costi elevati per mantenere il suolo-terrazzamenti, ma specie anche quella fatica per coltivare queste terre, da una parte così dure e sembrerebbe avare (perché la quantità ovviamente è molto più ridotta che nelle estensioni di collina pianeggiante e che si possono coltivare con grossi mezzi industriali), d’ alt ra part e questa terra, invece così ricca di biodiversità, di ricchezza di qualità e pertanto comunque da ultimo, di grande soddisfazione che uno dice appunto: ne è valsa… ne vale la pena!!

E qui s’inserisce senz’altro quella che sembrerebbe una provocazione del titolo di questo convegno:cioè che queste piccole imprese agricole e artigiane possono, anzi sono risorse in tempi di crisi.

Innanzitutto vorrei partire dalle considerazioni di amici che da loro esperienze di solidarietà e del rapporto con amici toccati fortemente, personalmente e con le loro famiglie dalla crisi (perdita del posto di lavoro, ansia, depressione, malattia, ecc.), hanno voluto andare a fondo di questo nuovo impatto con la realtà, appunto della crisi, arrivando alla conclusione:

ogni crisi, anche questa, è un’opportunità! Anzi una risorsa!

Nella nostra situazione (delle nostre zone di montagna) dove non viviamo per es. quasi giornalmente licenziamenti di massa tipici proprio dell’economia industriale… in fondo, nelle nostre zone di montagna, malgrado gli stenti prima del cosiddetto tempo del boom economico degli anni del dopoguerra/ricostruzione, cioè dopo gli anni ’50, le nostre piccole aziende agricole e artigiane erano già allora a tutti gli effetti delle vere risorse, anche se scarse economicamente, comunque valide alla sopravvivenza e scarne nella loro sobrietà… la nostra gente delle vallate di montagna, ogni famiglia con alcune mucche o capre e altro, aveva sì un lavoro intenso e pesante, ma aveva imparato anche a condividerlo p.es. con il vicino, con il prossimo, così condividendo pure i suoi problemi, le sue difficoltà famigliari, le ansie, i pericoli, ecc. … e ci si dava una mano! Da qui nasceva anche sovente di regola una solidarietà spontanea che rendeva bello il lavorare insieme… creava una certa serenità sociale e famigliare: in fondo, questo lavoro nelle aziende agricole, anche se difficoltoso dava da ultimo un senso e una soddisfazione alla vita… quindi già da quei tempi sappiamo che queste nostre piccole aziende/imprese agricole ed artigiane erano la “economia veramente sostenibile” per il territorio di montagna.

Purtroppo proprio l’avvento del boom economico è divenuta poi una un’irrisione, una beffa per chi si dava da fare e si arrabattava a lavorare la campagna/terreni di montagna… e ancor più sull’alpeggio!… così negli anni ‘70/90’ abbiamo assistito impotenti all’esodo, cioè all’abbandono, prima degli alpeggi e maggenghi, poi delle terre alte delle nostre vallate di montagna… incluso purtroppo anche di parte di vigneti e terrazzamenti, tutti con la sete di avere l’impiego fisso remunerato mensilmente e con il cosiddetto famigerato tempo libero… ed ora forse stiamo arrivando anche al capolinea di queste illusioni… (quando l’uomo, come in tante altre epoche del passato (e non soltanto al tempo dell’Impero di Babilonia), ha sempre pensato di arrivare al punto di potersi fare solo da sé-… di essere e diventare autonomo da tutto e tutti!).

In questo senso penso proprio che la crisi sia e possa essere un vero toccasana, un’opportunità: perché l’uomo forse finalmente ha di nuovo la possibilità di rendersi conto di cosa e di chi è lui nel vero confronto umile con la terra (cosa ormai andata quasi persa con il pensare nelle grosse dimensioni industriali)… e così che la crisi può essere l’opportunità per accorgersi di nuovo della validità delle piccole… delle nostre piccole imprese le quali proprio in questo tempo di crisi appunto rivelano di nuovo il loro effettivo valore di essere vere e proprie risorse, riappropriandosi del valore fondamentale per l’uomo del lavoro e sono la chiara dimostrazione di essere appunto economia sostenibile, ma direi e insisto non soltanto dal punto di vista economico, ma proprio anche e specialmente dal punto di vista umano-esistenziale: queste nostre piccole imprese sono economie sostenibili specialmente anche perché sanno ridare nuovo senso all’esistenza personale e proprio all’esistenza nelle nostre terre… Noi pertanto dobbiamo esserne grati e responsabili a chi ce le ha tramandate.

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Nel vivace dibattito seguente parecchi partecipanti sottolineavano l’importante funzione che AmAMont svolge innanzitutto dal punto di vista culturale: soltanto se ci si rende veramente conto della realtà (che è lavoro prioritario culturale), dal fatto dell’abbandono, del degrado e relativo impoverimento già in atto nelle nostre terre di montagna, si può comprendere la necessità e l’urgenza di mettersi in azione per contrastare sia la mentalità della rassegnazione (che ormai non si può più far nulla, che ormai non si recupera più, ecc.) sia la mentalità dominante che sta ormai insidiando anche tutto l’arco alpino, la mentalità dei grandi numeri(!), che soltanto nuovi e continui investimenti milionari e miliardari potranno ancora forse mantenere qualche oasi o qualche parco di divertimento montano e alpino! Non conterebbero più, l’impegno, la passione e l’amore alla terra dei   nostri

alpigiani e montanari bensì la furbizia, i sogni di grandezza e i soldi facili di alcuni speculatori e manager!

AmAMont quindi sta però invece dimostrando, anche di fatto, con tante piccole imprese e aziende agricole artigiane sparse su tutto l’arco alpino europeo che la ripresa è possibile se si sostengono e si valorizzano queste medie e piccole imprese a misura d’uomo, e cioè sostenibili perché cooperanti fra di loro! Infatti le esperienze fallimentari delle imprese alimentate dall’alta finanza non sono neanche ormai più da dimostrare in quanto giornalmente, sotto gli occhi di tutti, stanno distruggendo non soltanto le aziende che ad esse si erano affidate ma anche le stesse persone!

Di conseguenza, l’appello di AmAMont a contrastare innanzitutto la rassegnazione, ma anche il monito a evitare simili esperienze! Il monito continuo anche ai suoi soci di non lasciarsi tentare dalle manie di grandezza e dai deliri di onnipotenza!

Segreteria AmAMont

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