COMUNICATO STAMPA

 

L’Associazione transfrontaliera italo-svizzera AmAMont per la ruralità alpina, per la montagna da vivere e per la cooperazione tra regioni e cantoni si è riunita per il suo incontro EVENTO annuale in Val Cavargna, provincia di Como. L’Associazione intercala le sue Assisi e l’Evento annuale alternativamente tra Svizzera e Italia, quale testimonianza di una nuova e rinnovata visione nei confronti  dell’arco alpino europeo, specialmente considerando le peculiarità sia delle nostre montagne quanto delle nostre valli di montagna.

Una cinquantina di persone si è riunita, con una visita a queste Valli di montagna ai piedi di due laghi importanti come quello di Lugano e di Como, con visite sull’Alpe di Rozzo sopra a Cusino e presso allevatori, che operano al limite della sostenibilità, in località Vegna. Sabato sera 6 ottobre vi è stato un incontro dibattito con gli allevatori delle Valli Trezzo – Cavargna – Albano – Intelvi sul tema “i grandi predatori e la loro gestione”. Un tema che sta occupando da un paio d’anni la quotidianità di queste valli di montagna toccate da numerose predazioni, anche per la probabile presenza attiva di lupi in provenienza dalla vicina Svizzera e più precisamente dalla muta che si è formata in Val Morobbia (quattro cussiolate dal 2015!!).

 

DICHIARAZIONE e RISOLUZIONE di CAVARGNA SULLA POLITICA DEL LUPO

 

In Svizzera a inizio giugno il Consiglio degli Stati, su proposta della Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia, si è espresso a maggioranza per un ripasso delle normative che regolano il controllo dei grandi predatori (revisione della Legge federale sulla Caccia). In questo periodo questa revisione è ora in discussione al Consiglio Nazionale elvetico.

Tuttavia, il margine di manovra è limitato stante il vincolo della Convenzione di Berna.  Nell’ambito della Convenzione di Berna (Conservazione della Vita selvatica e degli Habitat Naturali), che risale al 1979, Il Consiglio federale Svizzero ha chiesto a Bruxelles a inizio dello scorso mese d’agosto di declassare il lupo da specie faunistica “assolutamente protetta” (Allegato II) a specie faunistica “protetta” (Allegato III).

Questa modifica deve essere presentata al segretariato generale del Consiglio d’Europa che la sottopone al Comitato permanente della Convenzione, un comitato che si riunisce una volta l’anno composto dai paesi sottoscrittori e dai paesi osservatori, nonché dalle organizzazioni governative e non governative. Nel 2006 la richiesta della Svizzera era stata respinta con la motivazione che le deroghe che consentono il controllo del lupo erano del tutto adeguate a tutelare le attività economiche.

In realtà anche in Svizzera, stante il regime di “specie assolutamente protetta” l’attivazione delle misure di controllo da parte dei Cantoni è condizionata da complesse procedure e dall’autorizzazione dell’UFAM (Ufficio federale dell’ambiente). Le limitazioni legali al controllo del lupo hanno consentito alla specie, presente nel Vallese sin dal 1995, di stabilire, a partire dal 2012, il primo branco (detto del Calanda) nei Grigioni, cui ne è seguito un altro in Canton Ticino, in Val Morobbia, e in Vallese nella Regione dell’Augstbord (a sud di Rarogne). I tecno burocrati “verdi” che controllano qualsiasi organo decisionale a livello nazionale ed europeo sanno benissimo che il lupo in Europa è in fase di espansione e che non corre alcun rischio di estinzione. Mantenerlo tra le specie dell’allegato II (super-protetto) non serve a salvarlo ma a favorirne la proliferazione. Prova ne è che anche in Francia, dove le deroghe sono attuate e dove il prelievo legale del lupo ha superato il 10% della popolazione stimata, la specie continua ad espandersi (nel 2017 oltre 11’800 predazioni risarcite).

Anche se resta alta la capacità d’interdizione di decisioni politiche da parte della lobby, saldamente insediata a ragnatela in tutti gli organi consultivi e decisivi con gli stessi esperti autoreferenziali che fanno capo alla LCIE, va registrato che su pressione di alcune organizzazioni agricole e di parlamentari sensibili (tra cui si segnala il sudtirolese Dorfmann) la Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2017 su un piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia (2017/2819 (RSP)) ha preso atto della situazione radicalmente mutata rispetto agli anni ’70 del secolo scorso quando le popolazioni lupine erano estinte o in via di estinzione in buona parte d’Europa. Nella Risoluzione si osserva che: “in alcune regioni d’Europa, specie identificate nella direttiva Habitat come bisognose di protezione speciale hanno raggiunto un buono stato di conservazione e potrebbero pertanto mettere in pericolo altre specie selvatiche e animali domestici, perturbando in tal modo l’equilibrio naturale dell’ecosistema”.

La novità alla quale si appella la Risoluzione è la ragionevole adozione di una modulazione territoriale dello status protettivo che non tenga conto però, come sino a oggi è avvenuto, della condizione del predatore ma anche della fragilità e del particolare orientamento socio-territoriale di determinate regioni. Pertanto si invitava la Commissione europea: “a mettere a punto una procedura di valutazione affinché in determinate regioni sia possibile modificare lo status di protezione delle specie non appena raggiunto l’auspicato stato di conservazione”.

La Risoluzione quindi “ ricorda che la coesistenza tra l’uomo e i grandi carnivori, soprattutto il lupo, può avere in certe regioni ripercussioni negative sullo sviluppo sostenibile degli ecosistemi e delle zone rurali abitate, in particolare per quanto riguarda l’agricoltura tradizionale e il turismo sostenibile, nonché altre attività socio-economiche” e “invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure concrete per affrontare tali questioni, in modo da non mettere a repentaglio lo sviluppo sostenibile delle zone rurali, riconoscendo nello stesso tempo la flessibilità disponibile nell’ambito della direttiva Habitat”.

Quanto chiesto dal parlamento europeo equivale a una revisione della Direttiva Habitat e della Convenzione di Berna. Mentre la Convenzione stabiliva delle riserve per i paesi con forte popolazione lupina per i quali non doveva essere applicata la “super-protezione”

Queste iniziative (a livello Svizzero e del Parlamento europeo) mettono in ogni caso in discussione la politica del lupo a l’italienne. In Italia un Piano lupo è bloccato dal 2015 per l’ostruzionismo ideologico degli animal-ambientalisti. Essi rifiutano del Piano la possibilità teorica di qualche abbattimento. Ma il Piano è in realtà espressione della politica lupista autoreferenziale per la quale il lupo è variabile indipendente e le attività di allevamento deve subire, adattarsi o scomparire.

Infatti, delle varie condizioni di attivazione delle deroghe nell’ambito della Convenzione di Berna e Direttiva Habitat (sono cinque in totale) il Piano ne ammette solo una (quella legata alla sicurezza e a gravi conflitti sociali). Il Piano non prende  in considerazione la fattispecie, contemplata dalla Direttiva Habitat, del “grave danno economico”. Il Piano cassa questa previsione come “non fondata scientificamente” (sic). Questa presa di posizione degli esperti pro lupo, ai quali politica demanda le scelte in materia (lasciando alla parte agricola solo la possibilità di lamentare i danni senza nulla ottenete), è stata palesemente contraddetta dallo stesso Ministro dell’ambiente del passato governo, on. Galletti, che sosteneva la necessità di fare qualcosa per evitare la chiusura delle aziende.

Con l’attuale governo italiano, in cui il dicastero dell’ambiente è stato affidato a un generale del Corpo forestale, si torna ancora indietro nel tempo. Per il momento l’intoccabilità del lupo è tornata dogma.

All’Italia come ad altri paesi serve quindi un’azione a livello europeo. La super protezione deve divenire l’eccezione, la protezione semplice la regola. In Italia il numero di lupi è tale che una revisione della Convenzione di Berna e della Direttiva Habitat non può che collocare il paese tra quelli della norma, con lupi già abbastanza numerosi e ben conservati. A questo punto cadranno gli alibi della demagogia ambientalista.

I Convenuti all’EVENTO 2018 di AmAMont in Val Cavargna, tenuto conto del grave disagio che esiste e assilla in maniera pregnante gli  allevatori, nonché le popolazioni delle regioni e Valli di montagna, invita i Governi nazionali, unitamente agli organismi collaterali,  di voler sostenere a Bruxelles la richiesta  presentata dal Governo Svizzero di provvedere al  declassamento della protezione assoluta del lupo, richiesta che sarà discussa a Bruxelles dalla speciale Commissione  di gestione della Convenzione di Berna il 10 novembre p.v.

 Malé in Cusino di Cavargna, 6 ottobre 2018

Redazione:

Prof. Michele Corti (UNI Milano) e Arch. Germano Mattei (co-presidente Ass. Svizzera per un Territorio senza grandi Predatori e Vice Presidente AmAmont)

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