Onorevoli Autorità

Cari Amici delle vallate di montagna e degli alpeggi dell’Arco alpino, in particolare della Svizzera Italiana e del Ticino

Nella nostra verifica a proposito dell’esodo dalle montagne abbiamo dovuto constatare che purtroppo tutto l’arco alpino europeo ne è toccato, chi più o chi meno, ma anche il Ticino e la Svizzera Italiana non ne sono stati risparmiati.

Abbiamo potuto poi ancora constatare che malgrado questo esodo sia iniziato in modo molto consistente a partire dal cosiddetto boom economico degli anni 70/80 del secolo scorso, l’incalzante globalizzazione con le relative sfrenate impennate liberistiche dei tempi odierni sta apportando comunque continue nuove drammatiche sfide che cambiano senza sosta gli scenari di vita anche per le montagne.

Fra le varie attività, (cura della rete/rapporti fra soci/eventi sulle montagne/servizi volontari/servizio domanda/offerta, ecc.) AmAMont ha sempre percepito come essenziale, anzi prioritario, l’aspetto culturale della vita e del lavoro sulle montagne e sugli alpeggi, ritenendo importante visitare le singole regioni dell’arco alpino, dove operano i nostri soci, così anche da poter prendere atto di fatto dei cambiamenti e dei problemi esistenti.

Così, di regola, anticipiamo l’assemblea annuale dell’Associazione AmAMont con un convegno e visite a dei modelli / testimonianze che documentano che, comunque, non solo si può vivere dignitosamente ancora oggi nelle nostre vallate di montagna e sugli alpeggi, ma che vivere sulle montagne con delle aziende sostenibili, “a misura d’uomo”, rappresenta una vera risorsa eccezionale per sé, per la propria famiglia e per i propri convalligiani, ma anche per chi deve vivere lo stress e l’anonimato della città, città additata ancora qualche tempo fa come la vera e propria culla e area di benessere della persona per antonomasia, ma appunto un mito, un miraggio che, mi pare di poter dire, si sta sfatando, e ciò senza timore di esser smentito (basti prender atto di fatti quotidiani come ad es. subire le code e le colonne di automobili che abbandonano le città regolarmente la sera o i fine settimana).

Infatti uno oggi non sta più in montagna per tradizione, per mancanza di altre prospettive o opportunità, per romanticismo o per sentimentalismo, ma solamente se lui stesso ha esperimentato e esperimenta –malgrado la durezza- il fascino, la bellezza, la salubrietà, il senso di libertà, la serenità e la forza che la montagna esercita su chi la vive.

Ed é appunto allora, quando uno percepisce questi valori, che egli è disposto anche oggi e con magari più convinzione di tempi passati, ad affrontare anche i sacrifici e le durezze dello stare in montagna.

Questa è la base indispensabile, la condizione sine qua non, appunto culturale, per vivere la montagna.

Solo allora uno sente che vale la pena stare in montagna, cioè se la vive come risorsa eccezionale non solo per sé, per il montanaro, ma anche per gli altri, p.es.  per l’abitante della città o per il turista di passaggio o per chi ti viene a dare una mano. Ci si rende conto che il vivere la montagna é il rendersi un servizio reciproco: é un servizio al bene comune!

E questo non solo dà convinzione, ma dico gioia, forza e gratitudine di poter e volere stare in montagna… degli aspetti che non possono essere misurati solo con calcoli economici, profitti e perdite!

Certo che la tendenza odierna, che a quanto pare anche in Ticino va per la maggiore, di concentrare e centralizzare tutto in pochi megacentri urbani (dove ci sarebbero, pare, appunto anche mega-profitti economici, tendenza denominata “urbanocentrismo”, per es. parlando apertamente di “ticino-città”) significa in ogni caso declassare la periferia e la montagna a categoria di importanza secondaria (quantità négligeable, dicono i francesi)… da assegnare, al limite, a qualche area di parco, di più o meno wilderness o di divertimento…, da qui comunque ne uscirebbe in qualche tempo una montagna svuotata, non più vissuta, cioè morta. Ma una montagna morta col tempo, sicuramente non susciterebbe più interesse per nessuno, neanche per i turisti… anzi una montagna morta sicuramente diverrà sempre di più una grave minaccia anche per le pianure e le città.

Ebbene il vero abitante della montagna sa comunque che il suo compito non è quello di gareggiare e competere con la produzione mega delle pianure o delle città. Ed é per questo che egli proprio merita di essere incoraggiato e aiutato nella sua possibile e sostenibile produzione, ma anche per il suo valido, difficile, ma indispensabile contributo alla necessaria cura della montagna, del gregge, del territorio, del paesaggio, ma anche della socialità!, che appunto altri , per svariati motivi, non riescono a fare o non fanno con la passione e lo spirito di abnegazione positivo  necessario come lo fa lui!

Ecco perché oggi necessita un Nuovo concetto di collaborazione istituzionale rispettando e valorizzando le aree delle montagne e la sua gente con le sue particolarità e eccellenze, senza obbligare gli abitanti della montagna a scimmiottare di essere cittadini e a divenire, per quei pochi che resteranno, dei curatori di riserve indiane.

Eccoci quindi al tema, anzi, alle domande, di questo convegno: quale collaborazione istituzionale si rende necessaria per far vivere la montagna?

Perché la vita della montagna non è un optional, ma una necessità.

Al contrario, rendiamocene conto (come già si evidenziava in un seminario all’alpe Li Piani nel 2007): la morte della montagna sarebbe la morte della pianura e anche della città (v. per es. soltanto il problema idrogeologico!!).

1. E qui vorrei dare la parola ai nostri relatori sul punto di vista italiano e porre alcuni quesiti:

a) Anche da parte italiana ci interessa conoscere qual’è o quale dovrebbe essere la collaborazione istituzionale affinché ciò sia di beneficio effettivo alle montagne?

Per la Lombardia: da quanto ci è noto è stato presentato uno studio sulla declività su incarico della Regione Lombardia da parte del Prof. Fausto Gusmeroli a mano della stessa Regione (un termine, quello della declività, che può essere ritenuto affine a quello svizzero dei cosiddetti contributi per la pendenza?)

Quali gli obiettivi?

E quali sono le intenzioni della Regione Lombardia?

Quale può e deve essere la collaborazione fra la Regione e gli Enti responsabili della montagna e anzi con i veri attori: i montanari??

Per il Piemonte: abbiamo seguito con grande preoccupazione uno dei problemi fra i più rilevanti oggi per vivere la montagna in Piemonte e cioè le recenti vicende della forte espansione del lupo, anzi di branchi di lupi che ha messo in ginocchio varie montagne, pascoli e pastori, specie di ovocaprini, ma sta incutendo paura anche ad abitanti sulle montagne cunesi  e altre.

Di recente un convegno organizzato dai nostri amici del Piemonte unitamente alla Regione sui problemi della pastorizia. Qual’è la prevedibile e proposta collaborazione istituzionale (che a quanto pare finora dava priorità piuttosto al lupo che al pastore! Vedi Val Grana, Val Stura, Coumboscuro) per evitare l’esodo completo e lo spopolamento dalle montagne piemontesi?

b) Ora i punti di vista della Svizzera.

Un problema cruciale:

perché stenta a decollare la cosiddetta NPR (Nuova Politica Regionale) che doveva/dovrebbe aver sostituito la vecchia LIM dopo il 2008 (cioè la legge agli investimenti in montagna): non è forse proprio quello che nella foga della globalizzazione si sta dimenticando: l’uomo stesso che sta in montagna?

((In questi ultimi 5 mesi mi sono calato nella situazione GR e TI tentando di documentarmi tramit e atti , media, ecc.…..))

E qui mi permetto di stimolare con dei fatti e constatazioni un po’ i relatori:

A proposito del Canton Grigioni:

– Corrisponde che i progetti previsti dalle direttive federali e cantonali per esser finanziati dovrebbero sconfinare nei cosiddetti megaprogetti… come per es. la segheria di Domat/Ems nei Grigioni la quale sarebbe stata finanziata sotto l’egide della nuova di politica regionale federale… e cantonale o comunale sfociando nel recente clamoroso fallimento?

– Anzi le direttive federali prevederebbero tenor rivista per lo sviluppo regionale “regio plus” un massimo effetto tramite concentrazioni/fusioni di comuni con sussidi anche per i centri urbani. Proposta questa alla quale si oppone p.es. la stessa SAB, comunità svizzera di lavoro per la montagna.

A proposito del Canton Ticino:

– Un servizio rsi/Falò inizio 2011 asseriva che dei 51 Mio. della Confederazione a favore del Ticino previsti per il periodo 2008-2011 non si sarebbe ancora investito nulla se non in qualche studio di fattibilità? Cosa significa questo? Perché non si sarebbe trovato la collaborazione istituzionale fra Confederazione, Cantone, Comuni e enti locali, proprio questo problema della foga di globalizzazione, di voler concentrare tutto in superprogetti… che appunto alla fine dei conti proprio per le zone di montagna e periferia non sono sostenibili??

– Si accusa poi la NPR di esser succube del processo di globalizzazione che standarderizzerebbe ogni prodotto ad arenarsi a quello di tipo industriale, limitandosi a un ambito ristretto di quattro filiere.

2.  Riscoperta del territorio / relativi insediamenti (Bertinelli/Guidotti/Giuliani)

I progetti ovviamente devono essere reali e non virtuali quindi devono essere previsti/progettati/sviluppati sul territorio. In tal senso il territorio non è soltanto un problema, ma una risorsa!

Per questo ci fa molto piacere conoscere qual’è stato il progetto Curzutt e qual’è stata la collaborazione e il sostegno istituzionale per giungere a questo.

3.  Esperienze bio  (Angela Tognetti) /  necessità piccole aziende agricole    (Chiara Solari)

– Non si dovrebbero sostenere in prima linea anche le piccole aziende agricole con prodotti genuini tramite le quali ne beneficerebbe la salute dei consumatori e potrebbero ancora vivere dignitosamente le famiglie di montagna dedicandosi ai loro compiti primari?

– Ma allora non rischiamo di andare nella direzione ormai sconfessata “del progresso per il progresso”, del “too big to fail” (già fallimentare nel sistema bancario)?

– E la domanda di fondo si pone: ma la NPR come concepita è pensabile  e realizzabile nelle nostre regioni di montagna o il concetto federale dovrebbe esser rimandato al mittente per riproporre un concetto veramente sostenibile per la montagna?

4.  Volontariato (Giovanni Berardi)

Ma per mantenere la montagna non basta la collaborazione istituzionale, bensì necessita pure la collaborazione umana, essendo pure dichiarato l’anno del volontariato a livello europeo il nostro socio Giovanni Berardi dirà della sua esperienza a questo proposito.

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