Porlezza 20 aprile 2008 (Avv. dottor Plinio Pianta)
Onorevoli Autorità, rappresentanti di Enti istituzionali, cari Amici di AmAMont
È con grande piacere che do avvio a questo incontro / “mini convegno” preliminare
alla nostra 2a assemblea costitutiva dell’Associazione Amici degli Alpeggi e della Montagna per la quale è nato spontaneo l’acronimo AmAMont.
Anche se la creazione di un ente associativo poteva non sembrare scontata. si deve però dire che l’entusiasmo, l’amicizia genuina che derivava dopo i vari incontri Ruralpini e all’Alpe Li Piani l’anno scorso 1’8/9 settembre 2007, faceva emergere spontaneamente il desiderio e la domanda di un tessuto, una rete fra di noi che avesse durata nel tempo e non rischiasse di esaurirsi nello slancio soggettivo, buono, ma fragile. La costituzione a Sondrio il 12 gennaio 2008 di un ente associativo di diritto privato nella forma più semplice dell’Associazione è stato quindi null’altro che la logica conseguenza di questo desiderio e dell’esplicito bisogno di dar continuità e oggettività a questo sempre rinnovato :3Iancio.
Eccoci quindi a questa 2a assemblea, a completamento della fase costitutiva, anche perché parecchi amici interessati, erano impossibilitati a partecipare all’atto di costituzione dell’associazione a Sondrio, atto di base voluto davanti al notaio (anche se facoltativo legalmente) proprio a suggellare ancor con maggior vigore la determinazione dei partecipanti ai convegni precedenti a dar concretezza e forma agli ideali che ci ispirano e per i quali siamo disposti a lavorare e a batterci.
Ed è proprio in questo spirito che è nata l’idea e la viva disponibilità dei nostri amici di Porlezza, cioè del socio fondatore Comunità Montana Alpi Lepontine, di ospitarci in occasione di questa 2aassemblea. Per questa disponibilità e collaborazione in nome dell’AmAMont già sin d’ora i nostri migliori ringraziamenti in particolar modo al membro del nostro CD e presidente Comunità Montana Alpi Lepontine Sauro Vable al suo socio e nostro segretario ad interim Francesco Baghetti e a tutti i loro collaboratori.
Ma la nostra odierna assemblea non è stata soltanto indetta per lo svolgimento di trattande formali statutarie.
Piuttosto non possiamo perdere l’occasione per richiamarci alle ragioni, alle motivazioni sorgive per le quali ci siamo messi insieme… magari anche per ripetercele (anzi è bene richiamarle tutte le volte che ci troviamo!) e ciò non per pedante formalismo, ma per la semplice verità (che conosciamo almeno per esperienza) che purtroppo l’uomo rischia sempre di essere smemorato… ci si dimentica anche dopo poco tempo magari delle cose che ti hanno fatto del bene, ridato gioia e forza di vivere!
Ed è a questa tematica che vogliamo dedicare questa mattinata.
AI fondo noi siamo insieme perché siamo stati presi dalla bellezza e dal fascino dell’esperienza sulla montagna e sull’alpeggio, dall’incontro / contatto dell’uomo con la natura dell’alpeggio e della montagna. Questo incontro è infatti qualcosa di eccezionale e di indelebile… diventa una passione, uno struggimento per poter rivivere lassù quelle occasioni di contatto con il Creato limpido, silenzioso, infinito, e ciò malgrado “le condizioni difficili di isolamento e di precarietà espressa in montagna dalla particolarità della terra e della severità climatica”, anzi, proprio a causa di queste difficili condizioni, come ben diceva il nostro amico Fausto Gusmeroli nel suo intervento a Li Piani, (intervento che figura nella documentazione di base della nostra Associazione1).
1 Fausto Gusmeroli, L’eutrofizzazione degli ecosistemi come paradigma della trasformazioneconsumistica della società alpina.
Se uno pertanto si scosta o si allontana da questo fascino gli resta come una insistente nostalgia dell’Infinito; nostalgia vissuta su quel lembo concreto di terra di montagna, o direi come una ferita nel cuore.
E questo perché quando uno si trova sulla montagna -sull’alpeggio ( e una buona parte di noi ha avuto una breve esperienza insieme per es. l’anno scorso anche all’alpe Li Piani) uno si sente come rivivere, il singolo vive condizioni nuove che oggi nella società di massa, industriale e del consumismo non trova più (dell’aria fresca, dell’acqua buona, la fragranza e genuinità dei prodotti), uno sente il gusto della libertà nella realtà imponente e misteriosa della natura / montagna, un senso di autonomia, ma allo stesso tempo di responsabilità, perché uno può misurarsi sì autonomamente con la forza della montagna, ma deve fare i conti ben presto dei limiti che essa impone alla propria forza e resistenza… e paritempo uno si rende conto che con la sua sola autonomia non può vivere a lungo l’esperienza della montagna cosicché nasce spontaneo il senso della dipendenza dall’altro, il bisogno della solidarietà, nasce una nuova società, un nuovo modo di stare assieme… un modo che potrebbe, anzi dovrebbe essere e diventare un nuovo modello / paradigma di vero ben-essere per la società di massa, industriale e dei consumi che sta in basso – nella pianura, nei cosiddetti “agglomerati urbani”.
Tutto questo ce lo insegna anche la storia.
E già i Romani avevano esperimentato questa eccezionale risorsa per l’uomo riassumendola nel detto: “Ex montibus salus!”: la salute vien dai monti (e loro la esperimentavano in continuazione perché gli uomini migliori per le loro truppe erano appunto proprio gli altrimenti tanto deprecati montanari!)
Ma in fondo i Romani (a parte qualche terme agevoli) avevano uno sguardo critico verso la montagna. Per loro la montagna era piuttosto una barriera, un baluardo a seconda del loro tornaconto politico, strategico: o a favore un baluardo di protezione dalle invasioni di altri popoli o a loro sfavore quando la montagna e i passi alpini erano una necessità per i contatti e comunicazioni per le loro legioni e popoli ultramontanari .
Il tutto cambiò con la caduta dei Romani e con l’avvento del Medioevo.
Come ben diceva il prof. Salsa (presidente CAI italiano) nella sua relazione all’apertura dell’anno 2007 “Sondrio città alpina”: “La vera grande svolta etnografica delle Alpi si produrrà con la caduta dell’Impero Romano..:”continua: …e specie dopo l’anno mille quando “Le contingenze storico-politiche faranno sì che le istituzioni feudali laiche ed ecclesiastiche avviino una politica di attenzione nei confronti dei territori intra-alpini. La rapida diffusione dei monasteri benedettini e di ordini da essi derivati (Certosini) influirà decisamente nell’opera di dissodamento di foreste e paludi innescando una trasformazione demografica di importanza decisiva per l’etnografia delle Alpi.
I popoli germanici (Alemanni e Baiuvari/Marcomanni) saranno i grandi protagonisti della colonizzazione rurale delle terre alte, rispettivamente nei settori centro-occidentali e centro-orientali. Gli insediamenti verranno realizzati con le tecniche (cui si è accennato) ad opera di coloni-contadini con lo status di “uomini liberi” (liberi homines), sottoposti al signore feudale non già tramite vincoli di sudditanza servile, ma mediante “contratti di affitto ereditario” avviati dal nuovo diritto colonico medievale. Le Alpi custodiranno, in tal modo, quelle “sacche di libertà” impensabili negli altri comprensori rurali in un’epoca di “servitù della gleba”.
Gruppi sparsi di Alemanni, distribuiti secondo aggregazioni discontinue, costruiranno nuove dimore con campi eprati (artificiali) nei territori più impervi dell’Oberland Bernese, dell’Alto Vallese/Ober Wallis (da cui il nome loro attribuito tardivamente “Walser’?, delle valli italiane del Monte Rosa, dell’Ossola inferiore e superiore (Antigorio eFormazza), della Rezia superiore (Grigioni) ed inferiore (Vorarlberg e Tirolo occidentale).”
E con questa pratica di dissodamento l’uomo apprese un nuovo modo positivo di guardare le montagne, i suoi passi alpini non più necessariamente come barriera! baluardo… ma piuttosto come cerniere e ponti fra i popoli.
Ma anche oggi sono o sembrano esserci svariati motivi per i quali ci si può occupare ancora, ci si batte o ci si interessa alla natura / montagna, all’alpeggio:
per es. il punto di vista miope del politico (che va per la maggiore) che magari tollera, che anzi deve tollerare ancora la realtà montagne I alpeggi, sia perché di fatto ancora esistono alcuni montanari e alpigiani sia per opportunità, che essi provvedono all’assetto territoriale e (o) ambientale: infatti conviene che si tengano un po’ accessibili le montagne (fin quando qualcuno ci vive), che qualcuno se ne curi (meglio ancora un alpigiano quasi gratuito che un giardiniere ! forestale statale che costa qualcosa in più!)… e i poteri forti oggi ovviamente ragionano quasi soltanto dal punto di vista dei centri/agglomerati urbani (ormai per vivere sembra tutto debba esser sempre più centralizzato ai fini poi di una sempre più invadente omologazione e globalizzazione)!
Così anche per il momento si tollererebbero ancora le periferie con le vallate alpine fintanto che queste resistono (quando non sarà più il caso, si sta già pensando di creare parchi/giungla o parchi di svago o dighe di sbarramenti d’acqua);
o il punto di vista di un certo ecologismo secondo il quale “la natura/ montagna faccia pure ogni suo corso” impedendo in quanto possibile l’intervento dell’uomo (intervento che comunque secondo questa visione sarebbe sempre solo negativo e devastante);
poi il punto di vista “solo economia” che ritiene squilibrato il bilancio fra costi e utili di mezzi finanziari impiegati per le montagne / alpeggi. Punto di vista che purtroppo non è una visione alla volte solo di parte statale, ma anche da parte di certe “avide cerchie” senza scrupoli che intravedono alpeggi e montagna quale occasione unica di guadagno a basso costo e quindi di sfruttamento eccessivo snaturante l’ambiente montano. Così per es. anche importando enormi quantità di fieno e mangimi industriali dalle pianure nelle zone alte, nelle nostre vallate alpine, nientemeno che sugli alpeggi! E poi si vorrebbe far credere che i prodotti siano ancora genuini! E non c’è da meravigliarsi che con il tempo anche i consumatori meno attenti se ne accorgono, si disaffezionano e si allontanano da tali offerte truccate!
E ancora il punto di vista di cittadini che ritengono si possano mantenere con il minimo sforzo possibile le aree di montagna e d’alpeggio, cioè almeno le più convenienti e le più velocemente raggiungibili dai centri: quindi aree di svago per gli stressati cittadini e parchi/tipo riserve indiane come folclore e per vivacizzare un po’ la monotonia della città.
Ma per fortuna c’è ancora un altro punto di vista
Malgrado i sopramenzionati punti di vista sfuocati, anzi anche a causa di queste visioni distorte, si è creata la nostra aggregazione, perché chi aderisce all’AmAMont vuol dire, cioè motivare e dimostrare con la propria esperienza sull’alpeggio e sulle montagne che le visioni sopraccitate non sono giustificate e neanche accettabili: perché esiste ancora la vera realtà di chi vive l’alpeggio e la montagna semmai proprio come modello e risorsa nuova anche in favore della società urbana/industriale, anonima e omologata!
E chiudo citando dall’inserto per il convegno della rivista Ecologist italiano a Firenze del 16 marzo scorso su “Rinascimento delle campagne italiane” al quale interveniva anche il nostro amico e vicepresidente prof. Michele Corti:
“Perciò vera agricoltura, coltivazione del suolo e dell’anima insieme, è disegnare il cielo in terra, rispecchiare sulle piante, sui sassi, sui sentieri dell’acqua e dell’aria tracciati nel proprio campo quel paradiso a cui tutto tende eper il quale vale la pena accettare il sudore, la sofferenza, le avversità e la morte stessa.”
E noi quando parliamo dell’agricoltura di montagna e dell’alpicultura abbiamo a che fare si con una vera agricoltura, ma di tipo superiore!
Non è forse giunto il momento che quest’ultima società dell’omologazione si lasci interrogare mettere in questione dall’esperienza di rinnovo della società nella periferia alpina?
E se l’esperienza valida dell’alpeggio è stata una risorsa ormai millenaria per tutto l’arco alpino (pensiamo p. es. anche all’approvvigionamento alimentare durante le guerre!) com’è pensabile e ci si rende conto che oggi si sta cancellando mille anni di storia e di viva risorsa per il popolo con un colpo di spugna… nel giro di alcuni decenni?!
Queste quindi alcune provocazioni per i nostri relatori di questa mattinata: Or. Robi Ronza sottosegretario agli Esteri del Gov. Reg.le Lombardo, Guido Bellesini Vice Presidente del CAI Lombardia, Pepi Chiesi direttore Ufficio beni culturali del Canton Ticino, Valentin Luzi e Ruedi Bucher, responsabili Ufficio Alpicultura Canton Grigioni che già sin d’ora sentitamente ringrazio per la loro partecipazione.